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accertamento di paternita

TEST DEL DNA, FIGLIO NATO FUORI DAL MATRIMONIO E IMPRESCRITTIBILITÀ DELL’AZIONE DI RICONOSCIMENTO

Negli Stati Uniti sono ovunque disponibili nelle farmacie-supermercato i test del DNA per accertare, tra le mura domestiche, la paternità. In Italia è necessario fare i test in laboratori accreditati e con tutte le garanzie legate alla privacy di adulti e minori. Accertata la paternità con i nuovi strumenti scientifici occorre considerare che la dichiarazione di riconoscere un figlio nato fuori del matrimonio è un atto solenne e irrevocabile e deve essere formalizzata, in alternativa:

  • nell’atto di nascita;
  • in una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile;
  • in un atto pubblico (sono quelli redatti davanti ad un pubblico ufficiale, quale ad es. un notaio);
  • in un testamento (qualsiasi sia la forma);
  • in una domanda presentata al Giudice Tutelare.

 

Il riconoscimento contenuto in un testamento produce i suoi effetti solo dal giorno in cui è morto il testatore. Il riconoscimento non può più essere revocato neppure tramite un testamento. Per poter effettuare il riconoscimento è necessario aver compiuto il sedicesimo anno di età.

Se il genitore non ha ancora compiuto sedici anni, e quindi, non può riconoscere il figlio, quest’ultimo non può essere posto in stato di adottabilità fino al raggiungimento, da parte del genitore stesso, dell’età necessaria per il compimento del riconoscimento a condizione che, nel frattempo, il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti.

Il riconoscimento può essere fatto sia da entrambi i genitori sia da uno solo di essi.

Se uno dei genitori ha già effettuato il riconoscimento, l’altro genitore che intenda farlo deve ottenerne il consenso e se il consenso viene rifiutato il genitore può rivolgersi al tribunale che, valutato l’interesse del figlio, può concedere un’autorizzazione.

Se il figlio da riconoscere ha già sedici anni, occorre il consenso dello stesso.

Con la legge n. 219 del 2012 e la successiva integrazione del D.lgs. 154/2013, il figlio nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento.

Inoltre, il limite di sedici anni di età dei genitori per effettuare i riconoscimento è ora abbassato, risultando sufficiente il compimento dei quattordici anni.

Il consenso al riconoscimento, a differenza di quanto accadeva nella normativa previgente, non potrà più essere rifiutato se corrisponde all’interesse del figlio e, se ciò avvenisse, è sempre possibile rivolgersi al giudice competente.

Nel nostro ordinamento, l’accertamento giudiziale di paternità dei figli nati fuori dal matrimonio non si prescrive. L’esigenza di certezza dei rapporti non rende quest’ultima un valore costituzionale prevalente su quello perseguito dal legislatore della riforma del 1975 – e degli anni successivi per altri profili – di assicurare un’ampia tutela ai figli nati fuori dal matrimonio. Sono molti i casi trattati dallo Studio Legale Cecatiello di Milano relativi al riconoscimento e al disconoscimento di paternità, quando, anche a distanza di diversi anni dalla nascita del figlio, vi è la necessità di fare chiarezza.

 

La  Suprema Corte conferma l’imprescrittibilità dell’azione prevista dall’art. 270, comma 1, c.c., effettuando una comparazione degli interessi tutelati, sia dal lato paterno, che da quello dei soggetti legittimati alla sua proposizione.

La riforma del diritto di famiglia del 1975, la quale ha previsto l’abrogazione dell’art. 271 c.c., introducendo l’”imprescrittibilità” dell’azione di dichiarazione giudiziale di paternità (art. 270, comma 1, c.c.), si era già prefissata un fine superiore rispetto a quello dell’esigenza di certezza dei rapporti familiari, ovvero garantire la tutela più ampia possibile ai figli nati fuori dal matrimonio.

La sentenza dichiarativa della filiazione “naturale” produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell’art. 277 c.c., e, quindi, a norma dell’art. 261 c.c., implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ex art. 148 c.c.; la relativa obbligazione si collega allo status genitoriale e assume di conseguenza pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l’altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l’onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato, secondo i criteri di ripartizione di cui al citato art. 148 c.c., ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall’art. 1229 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali. Vuol dire che il genitore che ha mantenuto da solo il figlio è opportuno che si rivolga ad uno studio legale specializzato in diritto di famiglia per vedersi riconosciuto dall’altro genitore quando anticipato per il suo mantenimento ed eventualmente, in caso di mancato accordo,  adire il Tribunale perché determini quanto effettivamente dovuto.

 

 

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