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conflitti genitoriali

Il Coinvolgimento dei Minori nei Conflitti Genitoriali

In coda alla cassa di una rosticceria bio in un quartiere residenziale di New York non ho potuto fare a meno di ascoltare un dialogo tra madre e figlia: “Chiedilo a tuo padre perché ci ha lasciati“. “È colpa di tuo padre se quest’anno non potrai andare alle Bermuda per il corso di golf” “Ma mamma non mi ha comprato le cuffie senza fili con il nuovo telefono”. Cara se lunedì non te la senti di partire con lui per la crociera gli diciamo che non stai bene “. “Fallo arrabbiare così se ti sgrida fai un video con il telefono che lo faccio vedere all’avvocato”
Con una torta in mano di mirtilli sovradimensionati, che di bio aveva solo il prezzo, e con mio figlio di sei anni che ripeteva “tu sei avvocato perché non aiuti la signora e la sua bambina che hanno tanto bisogno” , speravo nell’apertura di un’altra cassa per non dover sentire ancora la ricca divorziata far danni alla figlia e all’ex marito.
Anche se ormai sono venticinque anni che tratto come Avvocato in Italia e all’estero il Diritto di Famiglia, non riesco e non posso tollerare l’insano coinvolgimento dei figli nella guerra tra gli ex.
Ancora troppo spesso i minori vengono coinvolti nel conflitto tra i genitori e da spettatori delle quotidiane e reciproche recriminazioni tra mamma e papà a volte assumo il ruolo di attori protagonisti di quello che spesso si trasforma in un gioco al massacro.
I bambini, come scrivevo alcuni anni fa con Carlo Alfredo Clerici nell’attualissimo volume “I miei genitori si separano, E Io?” (Red! Edizioni) spesso sono costretti a portare il peso del conflitto di lealtà e finanche a dover scegliere da quale parte stare. Queste dinamiche arrivano a disegnare il noto fenomeno dell’alienazione genitoriale, quelle più gravi comportano un vero arruolamento del minore a difesa di un genitore con la radicale emarginazione dell’altro e spesso degenerano nella c.d. PAS (sindrome di alienazione parentale), ancora non del tutto scientificamente delineata e oggetto di accesi dibattiti in ambito psicologico e forense ma spesso citata in diverse sentenze sia delle corti di merito sia della Cassazione che ho potuto commentare su Il Familiarista (Giuffrè Editore).
Perché si possa parlare di alienazione genitoriale, in ogni caso, è necessaria l’esistenza di due elementi essenziali, correlati fra loro da uno stretto rapporto di causa/effetto: l’indottrinamento del figlio da parte di un genitore in pregiudizio dell’altro, e l’adesione acritica (e inconsapevole) del figlio alla posizione del genitore alienante, del quale diventa complice, arrivando finanche a sentirsi in dovere di schierarsi e associandosi alla campagna denigratoria di un genitore contro l’altro.
Questo allarmante fenomeno è decisamente internazionale e del tutto trasversale, capita in tutti i contesti sociali e culturali e geografici anche nel nostro paese.
È necessario che tutti gli addetti ai lavori: avvocati, psicologi, giudici, consulenti tecnici, insegnanti, assistenti sociali, siano adeguatamente formati sul fenomeno e ciò non solo per disincentivare il genitore responsabile ma per poter accorgersi del fenomeno e non diventare, anche inconsciamente, complici del genitore alienante.
Nelle aule di Tribunale troppo spesso vediamo dei veri e propri fronti contrapposti dove anche i professionisti perdono quello che dovrebbe, a prescindere delle posizioni dei rispettivi clienti, essere il vero obiettivo comune: la tutela del minore.
I figli hanno bisogno di entrambi i genitori e ce lo dicono gli esperti, anche per imparare a loro volta ad essere bravi genitori.
Tornando alla ricca signora americana, la saggia cassiera, nella sua semplicità, commentando con la collega quanto aveva sentito, diceva “altro che corsi di golf alle Bermuda, non sanno quanti soldi spenderanno per la figlia in terapeuti se vanno avanti così“.
Avv. Armando Cecatiello

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