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Accordi prematrimoniali – Quale patto prima del “sì”?

Accordi prematrimoniali - Quale patto prima del “sì”?

Intervistato dal quotidiano Avvenire, l’Avvocato Cecatiello approfondisce il tema degli accordi prematrimoniali. Articolo a cura di di  Luciano Moia, Avvenire, 16 Ottobre2022.

 

 

Quale patto prima del “sì”?
Da decenni nel nostro Paese il dibattito sui cosiddetti “accordi prematrimoniali” divide giuristi, politici e teologi. In attesa che il prossimo Parlamento affronti la questione, vediamo quali sono le posizioni di favorevoli e contrari.

Il tema
La legge italiana non li prevede, la Chiesa esprime da sempre la sua contrarietà. Ma nella maggior parte dei Paesi occidentali funzionano. Che fare?

Articolo di Luciano Moia. Avvenire, Milano.

 

Accordi prematrimoniali, perché no? Stabilire prima delle nozze cosa fare nel caso in cui l’amore dovesse svaporare e finire, non potrebbe risultare una scelta saggia ed efficace per regolare in modo preventivo l’eventuale separazione ed evitare conflitti senza fine, con conseguenze gravi sul piano relazionale ed economico, sia per la coppia sia per i figli?

 I pareri sono discordi. In Italia se ne parla da tanti anni ma, nonostante diverse proposte di legge, non è mai stato fatto nulla di concreto. Non sono in gioco solo questioni giuridiche, ma anche culturali, sociali e anche teologiche, legate al sacramento del matrimonio e alla ricca antropologia dell’amore di coppia che la Chiesa non si stanca di proporre e riproporre in modi sempre nuovi. Sul punto la posizione della Chiesa è ben nota. Firmare un patto prima del matrimonio in vista di un’eventuale separazione, significherebbe mettere in dubbio il concetto di indissolubilità e potrebbe costituire di per sé causa di nullità. Ma anche sul fronte ecclesiale le posizioni non sono più così rigide e qualche apertura – pur senza mettere in dubbio l’indissolubilità – non manca (vedi box sotto).

 Tornando agli aspetti civili c’è da registrare su questo tema un saggio (“Patrimoni, famiglie e matrimoni”, BFC Books) che aiuta a comprendere meglio tutti gli aspetti di questo istituto. L’autore, Armando Cecatiello, è avvocato esperto di diritto di famiglia che opera sia in Italia, sia in Svizzera, Stati Uniti e Gran Bretagna. Il quadro di riferimento è chiaro. Un accordo sottoscritto prima del matrimonio permetterebbe ai coniugi di disciplinare la ripartizione delle loro risorse, gli eventuali assegni di mantenimento, la sorte dei beni di proprietà. «In alcune legislazioni – spiega l’esperto – è possibile fare accordi per il collocamento dei figli, inserire delle penali, quantificare risarcimenti dovuti a chi tradisce o non rispetta i patti o viola i doveri coniugali»

 Tutte possibilità reali, purtroppo, che si verificano con altissima frequenza se è vero che solo in Italia ci sono ogni anno oltre 60mila divorzi e 90mila separazioni (dati 2020). Certo, firmare un documento che, ancora prima del “sì”, regola tutte le varie ed eventuali di una possibile rottura, potrebbe assumere un sapore agrodolce, quasi il preludio di un matrimonio in cui le speranze del “per sempre” sono sacrificate a una logica preventiva, in cui la prudenza legalistica ha la meglio su una progettualità d’amore a tempo indeterminato.

 Ma se l’amore si frantuma? Se il matrimonio lascia spazio a una conflittualità dannosa? Occorre valutare a questo punto quale potrebbe essere il “bene possibile” della coppia, con un bilanciamento ragionevole tra realismo (le statistiche sulle separazioni) e valori spirituali del matrimonio. Secondo Cecatiello, il rispetto dei valori non significa la rinuncia alla concretezza. Ecco perché sarebbe opportuno aprire ai “patti” anche in Italia. «Il vantaggio riscontrato in diverse giurisdizioni – scrive ancora – è di evitare un contenzioso futuro nonché la certezza, per le parti, di quanto potrà accadere in caso di rottura del rapporto matrimoniale. Si pensi a un coniuge che, nell’interesse dell’altro, lasci la propria carriera per dedicarsi appieno alla famiglia, ai figli e ai bisogni e alla necessità dell’altro».

 Le incertezze della legge italiana Rimane il fatto che da sempre la giurisprudenza italiana non considera in modo positivo l’accordo prematrimoniale, infatti, nonostante alcuni lievi spiragli, la Cassazione non ne ammette la possibilità. I supremi giudici hanno recentemente ribadito che gli accordi, pur liberamente sottoscritti prima del matrimonio, vanno considerati “radicalmente nulli”. Secondo la Corte Suprema (ordinanza n.11021 del 26 aprile 2021) permettere dei contratti preventivi, sarebbe in netto contrasto con il principio di indisponibilità dei diritti scaturenti dal matrimonio, cioè diritti e doveri da dovere rispettare senza potere decidere liberamente. Eppure in Italia ci sono professionisti che promuovono accordi prematrimoniali sul presupposto che, in ogni caso, tali patti potrebbero risultare prove di ciò che i coniugi ritenevano giusto ed equo per loro.

 Spiega ancora Cecatiello che nel 2012 la stessa Cassazione aveva ritenuto valido «un accordo con cui il trasferimento di un immobile dalla moglie al marito a titolo di “indenizzo” per le spese da quest’ultimo sostenute ai fini della ristrutturazione di un altro immobile di proprietà della moglie, veniva subordinato all’eventuale fallimento del matrimonio».

 Posizione peraltro non confermata cinque anni dopo (sentenza n.2224 del 2017) quando i giudici della Cassazione hanno considerato nulli i contratti preventivi stabiliti da una coppia di coniugi per stabilire in anticipo il regime patrimoniale in caso di separazione futura.

 Per cambiare le cose sarebbe necessaria una legge e, come detto, le proposte in questi ultimi anni non sono mancate. La più articolata, su iniziativa bipartisan di Alessia Morani, avvocato civilista del Pd e di Luca D’Alessandro (centrodestra), presentata già nel 2014 e poi transitata per varie legislature, non è mai riuscita a vedere la luce. Prevedeva la modifica dell’art.162 del Codice civile, inserendo un articolo 162 bis con questa formulazione: «I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare accordi prematrimoniali volti a disciplinare i rapporti dipendenti dall’eventuale separazione personale e dall’eventuale scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».

 Le soluzioni possibili In attesa che politica si muova (vedremo se il Parlamento appena eletto intenderà affrontare la questione) ci sono esperti di diritto che ritengono possibile percorrere una via alternativa. Quella di un accordo privato fondato sulla «libera espressione dell’autonomia negoziale delle parti, in cui sono presenti prestazioni e contro-prestazioni». Una soluzione che, anche in assenza di una legge specifica, non dovrebbe incorrere nei rigori della Cassazione. Il motivo? «I giudici – si spiega – riconoscono gli interessi dei due soggetti coinvolti e stabiliti prima del matrimonio; così come riconoscono che il sistema normativo spesso non tenga conto dell’evoluzione dei tempi e del cambiamento di alcune consuetudini» Ma cosa si fa a sottoscrivere questo patto? È necessario che accordo sia stipulato con un avvocato o con un notaio e occorre osservare alcune cautele. Per esempio, il pagamento di ogni somma dev’essere motivato «dalla definizione degli accordi patrimoniali, senza fare riferimenti ad eventuali assegni di mantenimento o di divorzio (perché in questo caso la separazione verrebbe intesa come causa per far valere l’accordo e quindi verrebbe annullato)». Importante inoltre che «l’accordo sia motivato dal fallimento del matrimonio, considerato come un evento ipotetico, ma al fronte del quale si produrranno gli effetti dell’accordo». Ma il dubbio rimane comunque. Che accoglienza avrebbero in tribunale accordi del genere?

 Una tutela per il coniuge più debole. Secondo l’avvocato Cecatiello gli accordi prematrimoniali non sarebbero solo uno strumento finalizzato ad evitare i contenziosi, ma anche una preziosa opportunità per tutelare il coniuge più debole. «Le conseguenze sono ancora più gravi – sottolinea – alla luce della più recente giurisprudenza di merito, quella dei tribunali che, dati alla mano, tende a non concedere più gli assegni divorzili o comunque a contenere la loro entità cambiando, di fatto, il criterio attributivo dell’assegno di divorzio che non viene più ad essere parametrato sul pregresso tenore di vita».

 Ecco perché la firma di un accordo prematrimoniale metterebbe al riparo chi ha investito tutto nel progetto d’amore, anche rinunciando ai propri percorsi lavorativi.

 All’estero succede così. Si tratta anche in questo caso di una scelta di realismo. Oggi nessuna coppia – pur non auspicandolo, anzi facendo tutto il possibile per evitarlo – può escludere che il proprio matrimonio non finisca prematuramente con una separazione e un divorzio. Esiti conflittuali e giudiziali compresi. E quindi? In tanti Stati esteri gli accordi prematrimoniali sono presenti da anni, in particolare nei Paesi anglosassoni, ma non solo. In Inghilterra esistono i cosiddetti “prenuptial agreements” che si possono sottoscrivere prima di sposarsi per stabilire le questioni più importanti e presentano una vasta gamma di varianti

 In Australia si possono stipulare accordi per mettere nero su bianco il dovere di rispettare i rapporti durante la vita matrimoniale, anche in considerazione della necessità di proteggere i soggetti più deboli in caso di divorzio. Negli Stati Uniti ci sono regole diverse da Stato a Stato, ma dal 1983 sono stati introdotti alcuni principi di uniformità.

 In Germania esistono i cosiddetti “Eheverträge” con cui le coppie possono decidere in merito all’assegno divorzile, alla liquidazione delle aspettative pensionistiche, e modificare la cifra per il mantenimento se, nel frattempo, ci sono state variazioni economiche. Infine in Spagna, gli accordi, in vigore da anni. Ma sui benefici, per quanto riguarda il numero delle separazioni e il livello di conflittualità, le opinioni rimangono divise.

 

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PERCHÉ LA CHIESA ESCLUDE LA FIRMA DI UN PATTO PER REGOLAMENTARE IL POST-FALLIMENTO?

Matrimonio nullo se si prevede che possa finire. Indissolubilità in forse.

Da dove nascono le perplessità della Chiesa a proposito degli accordi prematrimoniali? La risposta è (relativamente semplice). Il matrimonio è sacramento a tempo indeterminato, fondato su quattro colonne: indissolubilità, unità, fedeltà, apertura alla vita. Se due fidanzati arrivano all’altare già convinti che una di queste quattro colonne possa un giorno venire meno, il matrimonio è canonicamente nullo. Il Codice di diritto canonico (1101 – 1), lo dice con chiarezza: “Il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio”. “Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente” (1101-2). L’indissolubilità, come detto, è un elemento essenziale. Non ci si può sposare in Cristo lasciando aperta la porta a un possibile fallimento. Ora, gli sposi cattolici non vivono sulla Luna. Sono consapevoli che il rischio di non farcela, pur con tutto l’impegno e la dedizione possibile, è sempre dietro l’angolo. Il problema è però quella firma su un documento che mette in dubbio preventivamente l’amore per sempre. E infatti il Codice di diritto canonico spiega: “Il matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è valido o no, a seconda che esista o no ciò su cui si fonda la condizione”. Ora la firma di un accordo prematrimoniale in previsione della separazione è certamente una “condizione futura”. Ma se gli “accordi” fossero limitati a definire un futuro patrimoniale, senza intaccare esplicitamente il valore dell’indissolubilità, cioè una condizione per cui il matrimonio possa essere considerato “a tempo determinato”? Tutto dipenderebbe dalla formulazione del testo. Occorre però considerare anche le ricadute educative (e qui il diritto canonico non c’entra). Cosa può pensare un figlio sapendo che i genitori si sono già accordati in vista di un possibile divorzio?

 

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