Riconoscimento del figlio naturale
Lo Studio Legale Cecatiello, avvocato Cecatiello, si occupa del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio a Milano e su tutti i Tribunali nazionali grazie all’esperienza maturata nel diritto di famiglia.
Il riconoscimento dei figli naturali è un atto con il quale i figli nati fuori del matrimonio possono essere riconosciuti dalla madre o dal padre o da entrambi, separatamente o congiuntamente, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona. Il riconoscimento è stato riformato dalla legge n. 219 del 10.12.2012 che ha equiparato lo stato giuridico di tutti i figli.
A seguito del d.lgs. 154/2013, attuativo della legge 219, tale equiparazione è diventata pressoché totale: non vi saranno più figli naturali e figli legittimi ma figli nati in costanza di matrimonio e fuori dal matrimonio.
Il riconoscimento è un atto mediante il quale uno o entrambi i genitori trasformano il fatto della procreazione (di per sé insufficiente per creare un rapporto giuridico) in uno stato di filiazione (figlio riconosciuto) che è rilevante per il diritto.
La dichiarazione di riconoscere un figlio nato fuori del matrimonio è un atto solenne e irrevocabile e deve essere alternativamente formalizzata: nell’atto di nascita; in una dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile; in un atto pubblico (sono quelli redatti davanti ad un pubblico ufficiale, quale ad es. un notaio); in un testamento (qualsiasi sia la forma); in una domanda presentata al Giudice Tutelare.
Il riconoscimento contenuto in un testamento produce i suoi effetti solo dal giorno in cui è morto chi lo ha redatto. Una volta effettuato, il riconoscimento non può più essere revocato (neppure tramite testamento).
A seguito del D.lg. 154/2013 ora possono essere riconosciuti anche i figli cosiddetti incestuosi (figli nati da genitori tra i quali esiste un rapporto di parentela o di affinità) previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Riforma epocale se si considera che in passato il riconoscimento non poteva essere fatto nei confronti dei di genitori in mala fede (che cioè erano consapevoli del loro rapporto di parentela o affinità).
E’ necessario aver compiuto il sedicesimo anno di età per poter riconoscere un figlio.
Se il padre o la madre non ha ancora compiuto sedici anni, e quindi, non possono riconoscere il figlio, quest’ultimo non può essere posto in stato di adottabilità fino al raggiungimento, da parte del genitore stesso, dell’età necessaria per il compimento del riconoscimento a condizione che, nel frattempo, il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti.
Il riconoscimento può essere fatto sia da entrambi i genitori sia da uno solo di essi e se uno dei genitori ha già effettuato il riconoscimento, l’altro genitore che intenda farlo deve ottenerne il consenso.
Quando il consenso viene rifiutato il genitore può fare un’istanza al tribunale che valutato l’interesse del figlio, può concedere un’autorizzazione.
Bisogna tener conto che se il minore da riconoscere ha già quattordici anni occorre il suo consenso.
Con la legge n. 219 del 2012 e la successiva integrazione del D.lgs. 154/2013, il figlio nato fuori dal matrimonio può essere riconosciuto dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento.
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità: il riconoscimento non corrisponde al vero in quanto il soggetto riconosciuto non è stato procreato da chi ha dichiarato solennemente di esserne il genitore; per violenza all’autore del riconoscimento: se l’autore del riconoscimento è stato costretto con violenza (anche se il riconoscimento corrisponde a verità); incapacità derivante da interdizione giudiziale (strumento di protezione volto a privare della capacità di agire soggetti in condizioni psicofisiche tali da renderli incapaci a provvedere ai loro interessi): l’autore del riconoscimento, anche se corrisponde al vero, non era capace di valutarne le conseguenze.
L’impugnazione per difetto di veridicità può essere azionata (solo dando la prova con ogni mezzo che il rapporto di filiazione non esiste) sia dal genitore stesso (che può agire anche quando era consapevole che il riconoscimento non corrispondeva a verità) sia da chi è stato riconosciuto (che può avere un interesse morale) sia da chiunque abbia interesse (per esempio gli eredi dell’autore del riconoscimento o il vero genitore).
Chi è stato riconosciuto, se minorenne o interdetto, non può impugnare il riconoscimento salvo che il giudice, su istanza del minore che abbia sedici anni o del tutore, nomini un curatore speciale.
Se il riconoscimento è stato fatto per errore o dolo (a seguito di un inganno) ma corrisponde a verità, prevale l’interesse del figlio.
Quando è impugnato il riconoscimento il Giudice può prendere dei provvedimenti provvisori per tutelare il figlio.
L’azione di impugnazione del riconoscimento diventa imprescrittibile (non soggetta ad alcun termine) solo per il figlio mentre sarà soggetta ad un termine di decadenza da parte degli altri legittimati.
Il riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e i diritti che ha nei confronti dei figli concepiti durante il matrimonio.
Armando Cecatiello, Avvocato Milano e Roma.
Studio Legale Cecatiello, specializzato in diritto di famiglia, avvocato matrimonialista, avvocato divorzista, mantenimento/affidamento minori.