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Assegnazione della casa coniugale

L’assegnazione della casa familiare spesso è uno scoglio alla definizione pacifica delle cause di separazione, divorzio e regolamentazione dei rapporti dei genitori non sposati proprio perché nella casa, più che in altri beni, i partner fanno un investimento economico ed emotivo considerevole.

La casa familiare per l’ordinamento italiano, è il luogo ove la famiglia durevolmente e prevalentemente convive, assolvendo alle esigenze primarie dell’abitazione.

Non possono considerarsi case familiari quelle esistenti nelle località di villeggiatura, o quelle usate per soggiorni temporanei e connessi ad esigenze stagionali, pur se effettuati con periodica ed abituale ripetizione. Nei casi in cui al momento della domanda di separazione l’immobile non si configuri più come casa familiare, per essersi, per qualsiasi ragione, quell’habitat domestico, già disciolto, non può essere pronunciata l’assegnazione della casa familiare.

Il godimento della casa familiare è attribuito dal giudice tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

Il Tribunale può pertanto assegnare l’abitazione al coniuge che non sia titolare o contitolare su di essa di un diritto di godimento, sia esso reale o personale, solo se con detto coniuge convivono i figli minori o maggiorenni non autosufficienti.

L’assegnazione dell’abitazione è pertanto subordinata al presupposto all’affidamento o al collocamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ed economicamente non autosufficienti.

Ma cosa succede se uno dei coniugi ha un figlio da un altro matrimonio? L’assegnazione della casa coniugale prevede che i soggetti, alla cui tutela è preordinata, siano figli di entrambi i coniugi, a prescindere dal titolo di proprietà dell’abitazione; ne consegue che deve escludersi il diritto all’assegnazione al coniuge convivente con un figlio minore che non sia figlio anche dell’altro coniuge.

L’assegnazione della casa familiare è pertanto finalizzata alla esclusiva tutela dei figli e nell’interesse di questi a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti e non può essere disposta quale componente dell’assegno di mantenimento previsto per il coniuge allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole.

Quando i figli diventano maggiorenni ed economicamente indipendenti le disposizioni della separazione o del divorzio relative all’assegnazione della casa coniugale sono modificabili e pertanto è possibile ricorrere al Tribunale per ottenere la modifica delle condizioni.

Il diritto riconosciuto al coniuge, non titolare di un diritto di proprietà o di godimento, sulla casa coniugale, con il provvedimento giudiziale di assegnazione di detta casa in sede di separazione, ha natura di diritto personale di godimento e non di diritto reale. L’assegnazione della casa coniugale ricomprende, di regola, non il solo immobile, bensì anche i beni mobili, gli arredi ed i servizi che vi si trovano.

E’ possibile comunque un accordo tra le parti per il prelievo di alcuni mobili della casa familiare, specie se di proprietà esclusiva di uno dei coniugi.

Il pagamento delle spese correlate all’uso della casa familiare, di proprietà di uno dei coniugi e assegnata in sede di separazione all’altro coniuge (ivi comprese quelle, del genere delle spese condominiali, che riguardano la manutenzione delle cose comuni poste a servizio anche dell’abitazione familiare), sono a carico del coniuge assegnatario, in mancanza di un provvedimento espresso che ne accolli l’onere al coniuge proprietario .

L’assegnatario della casa familiare è tenuto al pagamento delle spese ordinarie, e non anche di quelle straordinarie. A partire dall’anno 2012 l’imposta municipale unica (Imu), sostituisce sia l’Irpef sui redditi fondiari delle seconde case sia l’ICI. L’IMU deve essere pagata in caso di separazione o di divorzio dal coniuge assegnatario anche se non è proprietario.

Anche la TARSU, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, è dovuta dall’assegnatario della casa familiare che ne ha solo il godimento.

Quando viene meno il diritto all’abitazione?

Il diritto al godimento della casa familiare viene meno quando l’assegnatario:

  1. non abita la casa familiare o non vi abita stabilmente.
  2. contrae nuovo matrimonio
  3. convive more uxorio

Quando l’immobile è detenuto in base a un contratto di locazione di cui risulti conduttore proprio il coniuge a cui il giudice abbia riconosciuto il diritto di abitare la casa familiare, nessuna modificazione si produrrà sul rapporto contrattuale con il locatore.

Viceversa, nel caso di locazione stipulato col coniuge che, in seguito alla separazione, debba abbandonare l’abitazione in favore dell’assegnatario, quest’ultimo succede nel contratto e diviene il soggetto obbligato al pagamento del canone. L’art. 6 della Legge 392/1978 prevede espressamente in subentro nel contratto di locazione in caso di separazione personale consentendo la conservazione dell’alloggio a favore del coniuge separato non avente originari rapporti contrattuali con il locatore ma compartecipe con il coniuge conduttore nel godimento.

Quando il bene è detenuto a titolo di comodato il provvedimento di assegnazione non fa venir meno il contratto di comodato e il coniuge assegnatario dell’immobile è tenuto a restituirlo al comodante non appena questi lo richieda.

 

 

Armando Cecatiello, Avvocato Milano e Roma.
Studio Legale Cecatiello, specializzato in diritto di famiglia, avvocato matrimonialista, avvocato divorzista, mantenimento/affidamento minori.